Le disposizioni della direttiva Iva nonché i principi di neutralità e di effettività dell’imposta devono essere interpretati nel senso che essi ostano ad una normativa nazionale che neghi al cessionario di chiedere, direttamente all’Amministrazione finanziaria, sia il rimborso dell’Iva indebitamente fatturata, che lo stesso ha pagato ai suoi fornitori e che questi ultimi hanno versato all’Erario, sia gli interessi moratori nel caso in cui sia trascorso un tempo non ragionevole per ottenerlo. La Corte di Giustizia UE, con la sentenza in commento, ha confermato il suo precedente orientamento, secondo cui - in assenza di fattispecie fraudolente - gli Stati membri hanno l’obbligo di garantire al cessionario la restituzione dell’indebito nel caso in cui l’azione civilistica di ripetizione nei confronti del proprio fornitore diventa impossibile o eccessivamente difficile, pena la violazione del principio di neutralità e di quello di effettività. La novità, rispetto al previgente orientamento dei giudici europei, consiste nel fatto che la Corte di Giustizia ha ampliato il perimetro applicativo del rimborso diretto affermando espressamente che l’insolvenza del fornitore non è l’unico caso in cui la ripetizione dell’indebito diventa impossibile o eccessivamente difficile. In questa prospettiva, sembra interessante esaminare la conformità della nuova disciplina in materia di rimborso dell’Iva non dovuta, contenuta nell’art. 30-ter del DPR n. 633/1972, ai principi europei di neutralità e di effettività nonché indagare, nella prospettiva europea, la ratio sottesa alla decisioni più recenti della giurisprudenza di legittimità sul tema che ci occupa

Iva non dovuta: la Corte di Giustizia UE amplia il perimetro applicativo del rimborso diretto

Daniela Conte
2024-01-01

Abstract

Le disposizioni della direttiva Iva nonché i principi di neutralità e di effettività dell’imposta devono essere interpretati nel senso che essi ostano ad una normativa nazionale che neghi al cessionario di chiedere, direttamente all’Amministrazione finanziaria, sia il rimborso dell’Iva indebitamente fatturata, che lo stesso ha pagato ai suoi fornitori e che questi ultimi hanno versato all’Erario, sia gli interessi moratori nel caso in cui sia trascorso un tempo non ragionevole per ottenerlo. La Corte di Giustizia UE, con la sentenza in commento, ha confermato il suo precedente orientamento, secondo cui - in assenza di fattispecie fraudolente - gli Stati membri hanno l’obbligo di garantire al cessionario la restituzione dell’indebito nel caso in cui l’azione civilistica di ripetizione nei confronti del proprio fornitore diventa impossibile o eccessivamente difficile, pena la violazione del principio di neutralità e di quello di effettività. La novità, rispetto al previgente orientamento dei giudici europei, consiste nel fatto che la Corte di Giustizia ha ampliato il perimetro applicativo del rimborso diretto affermando espressamente che l’insolvenza del fornitore non è l’unico caso in cui la ripetizione dell’indebito diventa impossibile o eccessivamente difficile. In questa prospettiva, sembra interessante esaminare la conformità della nuova disciplina in materia di rimborso dell’Iva non dovuta, contenuta nell’art. 30-ter del DPR n. 633/1972, ai principi europei di neutralità e di effettività nonché indagare, nella prospettiva europea, la ratio sottesa alla decisioni più recenti della giurisprudenza di legittimità sul tema che ci occupa
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