Il tema dei rapporti tra condotte induttive ed attività fraudolente dei pubblici agenti rappresenta da sempre un “territorio di frontiera”, nel quale diverse fattispecie criminose avanzano o arretrano i propri confini nel contendersi la tipicità delle indebite pretese remunerative dei soggetti investiti di pubblici poteri e funzioni che siano in qualche misura caratterizzate da un contegno di tipo decettivo. In questa “variabile geografia” degli illeciti inter-scambi tra soggetti pubblici e soggetti privati – che nel corso dei decenni passati aveva visto la vecchia ipotesi della concussione per induzione (di cui al previgente art. 317 c.p.) perdere sempre più terreno, a vantaggio del delitto di truffa aggravata del pubblico ufficiale (ex artt. 640 e 61, n. 9 c.p.) – si è insinuata, a partire dal 2012, la fattispecie di “induzione indebita a dare o promettere utilità”, introdotta dal legislatore (nel contesto della generale riforma attuata con la l. 190/2012) per rispondere da un lato alle accuse di indeterminatezza che venivano rivolte alla fattispecie concussiva, soprattutto sotto il profilo dell’induzione; e, dall’altro, alla conseguente confusione che essa ingenerava nei rapporti con le limitrofe fattispecie corruttive, con non poche ricadute in termini di tenuta garantista e di stessa efficacia repressiva del sistema. La “lettura” di tale nuova offerta di tipicità, che potrebbe comportare una nuova “distribuzione sistematica” delle condotte fraudolente dei pubblici agenti, non sarebbe possibile, tuttavia, senza tener conto del dato giurisprudenziale, che, ad appena un anno dalla riforma, ha richiesto l’intervento delle SS.UU., chiamate a lumeggiare – attraverso la nota sentenza Maldera – i contorni di quello che continua ad apparire come un vero e proprio “labirinto giuridico”.

INDUZIONE INDEBITA E CONDOTTE FRAUDOLENTE, TRA VECCHI E NUOVI ASSETTI NORMATIVI

fabrizio rippa
2018-01-01

Abstract

Il tema dei rapporti tra condotte induttive ed attività fraudolente dei pubblici agenti rappresenta da sempre un “territorio di frontiera”, nel quale diverse fattispecie criminose avanzano o arretrano i propri confini nel contendersi la tipicità delle indebite pretese remunerative dei soggetti investiti di pubblici poteri e funzioni che siano in qualche misura caratterizzate da un contegno di tipo decettivo. In questa “variabile geografia” degli illeciti inter-scambi tra soggetti pubblici e soggetti privati – che nel corso dei decenni passati aveva visto la vecchia ipotesi della concussione per induzione (di cui al previgente art. 317 c.p.) perdere sempre più terreno, a vantaggio del delitto di truffa aggravata del pubblico ufficiale (ex artt. 640 e 61, n. 9 c.p.) – si è insinuata, a partire dal 2012, la fattispecie di “induzione indebita a dare o promettere utilità”, introdotta dal legislatore (nel contesto della generale riforma attuata con la l. 190/2012) per rispondere da un lato alle accuse di indeterminatezza che venivano rivolte alla fattispecie concussiva, soprattutto sotto il profilo dell’induzione; e, dall’altro, alla conseguente confusione che essa ingenerava nei rapporti con le limitrofe fattispecie corruttive, con non poche ricadute in termini di tenuta garantista e di stessa efficacia repressiva del sistema. La “lettura” di tale nuova offerta di tipicità, che potrebbe comportare una nuova “distribuzione sistematica” delle condotte fraudolente dei pubblici agenti, non sarebbe possibile, tuttavia, senza tener conto del dato giurisprudenziale, che, ad appena un anno dalla riforma, ha richiesto l’intervento delle SS.UU., chiamate a lumeggiare – attraverso la nota sentenza Maldera – i contorni di quello che continua ad apparire come un vero e proprio “labirinto giuridico”.
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