Il lavoro, che si colloca nel filone di studi sulla governance dell'UE, intende verificare se la politica culturale europea stia contribuendo alla diffusione nei sistemi amministrativi nazionali di metodi di governance basati sul coinvolgimento degli attori istituzionali e dei portatori di interessi privati. Al tal fine, lo studio mette a confronto la politica culturale europea con altre policies che hanno avuto un impatto significativo sui processi di decision making delle amministrazioni nazionali: la politica ambientale e nella politica di coesione. In riferimento alla politica ambientale, lo studio sottolinea il contributo della Valutazione di Impatto Ambientale (VIA) e della Valutazione Ambientale Strategica (VAS) alla graduale affermazione di metodi di decision making basati sulla consultazione dei portatori di interessi e sulla valutazione di impatto. In riferimento alla politica di coesione, la ricerca analizza la graduale affermazione di modelli di gestione dei Fondi Strutturali in cui l’ottenimento di finanziamenti da parte degli Stati e delle regioni è condizionato ad un pieno coinvolgimento dei portatori di interessi. Proponendo nuovi metodi di decision making, entrambe le politiche hanno acquisito una “dimensione territoriale”, nel senso che hanno promosso negli Stati membri l’adozione di approcci comuni alla risoluzione di problemi specifici delle comunità territoriali. Dal confronto della politica culturale europea con questi due esempi emerge che nella prima stentano ad affermarsi metodi di governance realmente partecipativa. Infatti, a dispetto della grande enfasi attribuita da atti e documenti delle Istituzioni alla gestione multilivello e multi-stakeholder dei siti culturali, l’eccessivo ricorso a metodi “soft” di governance, come il metodo aperto di coordinamento, nell’attuazione della policy – dovuti all’opposizione degli Stati ad ogni ingerenza dell’UE in ambito culturale – impediscono alle iniziative dell’UE di avere una reale incidenza sul decision making delle amministrazioni. Per superare tale limite, sulla scorta dell’esempio della politica dell’ambiente e della politica di coesione, anche nella politica culturale il conferimento dei fondi e l’assistenza tecnica da parte dell’UE dovrebbero essere condizionati alla realizzazione di partnership pubblico private, alla valutazione di impatto e al coinvolgimento degli stakeholder, in vista di un rafforzamento dell’accountability, della coerenza inter-settoriale e dell’efficacia del decision making a livello europeo, nazionale e locale.

Towards more democratic land-use decision making in cultural sector: has the European Cultural policy a “territorial dimension”?

Pugliese
2017-01-01

Abstract

Il lavoro, che si colloca nel filone di studi sulla governance dell'UE, intende verificare se la politica culturale europea stia contribuendo alla diffusione nei sistemi amministrativi nazionali di metodi di governance basati sul coinvolgimento degli attori istituzionali e dei portatori di interessi privati. Al tal fine, lo studio mette a confronto la politica culturale europea con altre policies che hanno avuto un impatto significativo sui processi di decision making delle amministrazioni nazionali: la politica ambientale e nella politica di coesione. In riferimento alla politica ambientale, lo studio sottolinea il contributo della Valutazione di Impatto Ambientale (VIA) e della Valutazione Ambientale Strategica (VAS) alla graduale affermazione di metodi di decision making basati sulla consultazione dei portatori di interessi e sulla valutazione di impatto. In riferimento alla politica di coesione, la ricerca analizza la graduale affermazione di modelli di gestione dei Fondi Strutturali in cui l’ottenimento di finanziamenti da parte degli Stati e delle regioni è condizionato ad un pieno coinvolgimento dei portatori di interessi. Proponendo nuovi metodi di decision making, entrambe le politiche hanno acquisito una “dimensione territoriale”, nel senso che hanno promosso negli Stati membri l’adozione di approcci comuni alla risoluzione di problemi specifici delle comunità territoriali. Dal confronto della politica culturale europea con questi due esempi emerge che nella prima stentano ad affermarsi metodi di governance realmente partecipativa. Infatti, a dispetto della grande enfasi attribuita da atti e documenti delle Istituzioni alla gestione multilivello e multi-stakeholder dei siti culturali, l’eccessivo ricorso a metodi “soft” di governance, come il metodo aperto di coordinamento, nell’attuazione della policy – dovuti all’opposizione degli Stati ad ogni ingerenza dell’UE in ambito culturale – impediscono alle iniziative dell’UE di avere una reale incidenza sul decision making delle amministrazioni. Per superare tale limite, sulla scorta dell’esempio della politica dell’ambiente e della politica di coesione, anche nella politica culturale il conferimento dei fondi e l’assistenza tecnica da parte dell’UE dovrebbero essere condizionati alla realizzazione di partnership pubblico private, alla valutazione di impatto e al coinvolgimento degli stakeholder, in vista di un rafforzamento dell’accountability, della coerenza inter-settoriale e dell’efficacia del decision making a livello europeo, nazionale e locale.
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