E’ cresciuto, negli ultimi anni, l’interesse degli studiosi verso l’impresa sociale, quest’ultima intesa come driver di cambiamento e di innovazione. In virtù della sua peculiare natura, l’impresa sociale si distingue dalle tradizionali organizzazioni economiche, identificando nel raggiungimento di obiettivi “collettivi” – miglioramento delle condizioni di benessere della popolazione, riduzione delle diseguaglianze sociali e delle disparità, soddisfacimento dei bisogni della collettività – in luogo della massimizzazione del profitto, il suo fine ultimo (Hansson et al., 2014; Piciotti, 2013). Numerosi autori (Piciotti, 2013; Nicholls, 2007; Austin et al., 2006; Mair e Marti, 2006) concordano nell’attribuire alle imprese sociali un carattere “innovativo”, in relazione alla capacità di siffatte organizzazioni di coniugare un approccio imprenditoriale con una dimensione sociale. Nell’ambito della prospettiva delineata, dunque, le attività poste in essere dalle imprese sociali implicherebbero sempre l’introduzione e la realizzazione di qualcosa di nuovo, piuttosto che la semplice replicazione di pratiche già esistenti (Cukier et al., 2011). Per questa ragione il concetto di impresa sociale viene sempre più spesso associato a quello di Innovazione Sociale. In tal senso, Zahra et al. (2009, p. 519) definiscono l’impresa sociale come “the activities and processes undertaken to discover, define, and exploit opportunities in order to enhance social wealth by creating new ventures or managing existing organizations in an innovative manner”. Non sorprende, alla luce delle considerazioni proposte, la centralità assunta dai concetti in esame nell’ambito della letteratura scientifica, nazionale ed internazionale disponibile sull’argomento, e in risposta alle sempre più numerose ed intense sfide imposte dalla globalizzazione dei mercati e dalla crescita di fenomeni di disuguaglianza sociale. Grazie alla capacità di coordinare e gestire risorse provenienti da più fonti – investitori privati, organizzazioni no profit, fondazioni, ma anche intermediari e network internazionali – l’impresa sociale diviene, essa stessa, interprete di tensioni sociali e traduttore delle istanze collettive in esigenze di cambiamento. A suddette esigenze, essa risponde con l’elaborazione di proposte innovative ed originali, la definizione di strategie e l’individuazione di nuovi business model, contribuendo, in maniera sostanziale, a trasformare astrazioni utopiche in realtà concrete e sostenibili. Un esempio della capacità di risposta innovativa delle imprese sociali a condizioni di disagio collettivo è rappresentato dall’esperienza di Chikù, ristorante italo-balcanico, localizzato nel quartiere di Scampia, periferia nord di Napoli, spesso dimenticata e ancor più spesso ricordata per fatti di cronaca nera.

Trasformare l’utopia in realtà mediante percorsi di Social Innovation: l’esperienza di Chikù a Scampia

CANESTRINO, ROSSELLA;
2016-01-01

Abstract

E’ cresciuto, negli ultimi anni, l’interesse degli studiosi verso l’impresa sociale, quest’ultima intesa come driver di cambiamento e di innovazione. In virtù della sua peculiare natura, l’impresa sociale si distingue dalle tradizionali organizzazioni economiche, identificando nel raggiungimento di obiettivi “collettivi” – miglioramento delle condizioni di benessere della popolazione, riduzione delle diseguaglianze sociali e delle disparità, soddisfacimento dei bisogni della collettività – in luogo della massimizzazione del profitto, il suo fine ultimo (Hansson et al., 2014; Piciotti, 2013). Numerosi autori (Piciotti, 2013; Nicholls, 2007; Austin et al., 2006; Mair e Marti, 2006) concordano nell’attribuire alle imprese sociali un carattere “innovativo”, in relazione alla capacità di siffatte organizzazioni di coniugare un approccio imprenditoriale con una dimensione sociale. Nell’ambito della prospettiva delineata, dunque, le attività poste in essere dalle imprese sociali implicherebbero sempre l’introduzione e la realizzazione di qualcosa di nuovo, piuttosto che la semplice replicazione di pratiche già esistenti (Cukier et al., 2011). Per questa ragione il concetto di impresa sociale viene sempre più spesso associato a quello di Innovazione Sociale. In tal senso, Zahra et al. (2009, p. 519) definiscono l’impresa sociale come “the activities and processes undertaken to discover, define, and exploit opportunities in order to enhance social wealth by creating new ventures or managing existing organizations in an innovative manner”. Non sorprende, alla luce delle considerazioni proposte, la centralità assunta dai concetti in esame nell’ambito della letteratura scientifica, nazionale ed internazionale disponibile sull’argomento, e in risposta alle sempre più numerose ed intense sfide imposte dalla globalizzazione dei mercati e dalla crescita di fenomeni di disuguaglianza sociale. Grazie alla capacità di coordinare e gestire risorse provenienti da più fonti – investitori privati, organizzazioni no profit, fondazioni, ma anche intermediari e network internazionali – l’impresa sociale diviene, essa stessa, interprete di tensioni sociali e traduttore delle istanze collettive in esigenze di cambiamento. A suddette esigenze, essa risponde con l’elaborazione di proposte innovative ed originali, la definizione di strategie e l’individuazione di nuovi business model, contribuendo, in maniera sostanziale, a trasformare astrazioni utopiche in realtà concrete e sostenibili. Un esempio della capacità di risposta innovativa delle imprese sociali a condizioni di disagio collettivo è rappresentato dall’esperienza di Chikù, ristorante italo-balcanico, localizzato nel quartiere di Scampia, periferia nord di Napoli, spesso dimenticata e ancor più spesso ricordata per fatti di cronaca nera.
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