Questo saggio, diviso in due parti che recano due sottotitoli diversi corrispondenti rispettivamente ai momenti funzionali dell'elaborazione teorica e dell'attività pratico-giurisprudenziale, ricostruisce la genesi e gli sviluppi del giudizio di costituzionalità in Francia con particolare attenzione al Settecento, considerato il momento cruciale del fenomeno. Il giudizio di legalità sulle leggi del re può apparire a prima vista incompatibile con lo Stato monarchico-assoluto nel quale si presume che il sovrano eserciti ad libitum tutto il potere legislativo. Ma questa era la teoria monarchico-assolutistica non la pratica del sistema. Nella vita politico-istituzionale concreta la funzione legislativa era concertata e i parlamenti giocavano un ruolo decisivo al riguardo. Lo strumento fondamentale era costituito dalla procedura di verifica che culminava nell'istituto della registrazione (enregistrement). I robins consideravano questa procedura una norma di rango costituzionale quindi non modificabile dalla volontà del re, poiché appartenente al corpus sacro e intangibile delle leggi fondamentali del regno. Attraverso l'enregistrement e la complessa procedura di vérification il Parlamento esercitava quindi un vero e proprio controllo di legalità costituzionale che si estendeva anche all'opportunità dell'adozione dell'atto. Si trattava di un controllo preventivo poiché senza la registrazione l'atto non diventava legge dello Stato, ma restava un semplice «projét de loi». Questo potere della magistratura divenne nella pratica politica la base per continue negoziazioni con la corona e i governi regi. Di fatto la sovranità era, come scrisse genialmente M.me d'Épinay, oscillante tra i due poli di potere. L'esistenza di un controllo di costituzionalità preventivo esercitato dal Parlamento muta quindi anche il giudizio storiografico sulla monarchia assoluta, verificando nella pratica la distinzione già formulata da Montesquieu e ripresa poi nella lettura storiografica di Roland Mousnier, tra assolutismo e dispotismo/tirannia.

Il giudizio di costituzionalità nella Francia dell’ancien régime: una storia politico-istituzionale. Parte II. Le dinamiche della prassi

DI DONATO, Francesco
2005-01-01

Abstract

Questo saggio, diviso in due parti che recano due sottotitoli diversi corrispondenti rispettivamente ai momenti funzionali dell'elaborazione teorica e dell'attività pratico-giurisprudenziale, ricostruisce la genesi e gli sviluppi del giudizio di costituzionalità in Francia con particolare attenzione al Settecento, considerato il momento cruciale del fenomeno. Il giudizio di legalità sulle leggi del re può apparire a prima vista incompatibile con lo Stato monarchico-assoluto nel quale si presume che il sovrano eserciti ad libitum tutto il potere legislativo. Ma questa era la teoria monarchico-assolutistica non la pratica del sistema. Nella vita politico-istituzionale concreta la funzione legislativa era concertata e i parlamenti giocavano un ruolo decisivo al riguardo. Lo strumento fondamentale era costituito dalla procedura di verifica che culminava nell'istituto della registrazione (enregistrement). I robins consideravano questa procedura una norma di rango costituzionale quindi non modificabile dalla volontà del re, poiché appartenente al corpus sacro e intangibile delle leggi fondamentali del regno. Attraverso l'enregistrement e la complessa procedura di vérification il Parlamento esercitava quindi un vero e proprio controllo di legalità costituzionale che si estendeva anche all'opportunità dell'adozione dell'atto. Si trattava di un controllo preventivo poiché senza la registrazione l'atto non diventava legge dello Stato, ma restava un semplice «projét de loi». Questo potere della magistratura divenne nella pratica politica la base per continue negoziazioni con la corona e i governi regi. Di fatto la sovranità era, come scrisse genialmente M.me d'Épinay, oscillante tra i due poli di potere. L'esistenza di un controllo di costituzionalità preventivo esercitato dal Parlamento muta quindi anche il giudizio storiografico sulla monarchia assoluta, verificando nella pratica la distinzione già formulata da Montesquieu e ripresa poi nella lettura storiografica di Roland Mousnier, tra assolutismo e dispotismo/tirannia.
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