Questo lavoro focalizza l'aspetto dei controlli sugli enti locali nel Regno Unito. In particolare, si affrontano tematiche riguardanti l'audit esterna e il controllo delle autorità centrali sui risultati delle amministrazioni locali. Nell’analisi del modello britannico, un aspetto che emerge come caratterizzante è la netta separazione tra sistema dei controlli sulle amministrazioni centrali e su quelle locali. Tale carattere ha una radice storica antica, ma motivazioni ancora attuali, sebbene i cambiamenti istituzionali messi in moto dal processo di devolution mostrino il superamento del modello tradizionale nell’organizzazione del sistema dei controlli delle nuove autonomie nazionali. La funzione del Comptroller and Auditor General si esplica a supporto del Parlamento, nell’ambito della dialettica istituzionale tra Camere ed Esecutivo. La funzione di revisione esterna nella pubblica amministrazione locale, al pari di quella contabile, si inserisce tradizionalmente nella relazione di accountability tra autorità locali e governo centrale. Questa collocazione va letta nel contesto di uno Stato storicamente unitario ed accentrato, nel quale alle autorità locali è consentito operare rigidamente entro le funzioni delegate dal centro e sotto il controllo governativo. Sin dai primi interventi normativi, si realizza, almeno nelle intenzioni del legislatore, una convergenza di prospettive tra esecutivo e cittadino-contribuente, per cui il ruolo dei revisori, e dello stesso Chief Financial Officer, è inteso a tutela di un interesse generale alla corretta amministrazione delle risorse affidate alle autorità locali. Peculiare, e per certi aspetti “ibrido”, è il profilo assunto da queste due figure, che vengono a collocarsi in posizione intermedia tra governo centrale, ente locale e cittadini-contribuenti. Significativo è che la moderna figura del revisore esterno nasca, nel XIX secondo, come funzionario statale nominato dal governo centrale (district auditor), ma che negli stessi anni, in alcune realtà locali, i revisori siano eletti direttamente dai cittadini tra professionisti privati. Sintomatico è l’orientamento altalenante della fine del secolo scorso, con la riforma del 1972 che assegna alle autorità locali il potere di scelta dei revisori e quella del 1982 che riaffida tale compito ad un organismo esterno di matrice governativa (la Audit Commission). Ragioni storiche hanno contribuito a fare dei contabili e dei revisori degli enti locali delle comunità professionali dotate di forte identità e completamente distinte da quelle presenti nell’amministrazione centrale dello Stato. Altro carattere sedimentatosi negli anni è la forte autorevolezza ed indipendenza, anche dal potere politico, delle due figure. Nel caso degli auditor, tale carattere si sostanzia, tra l’altro, nel riconoscimento di funzioni “quasi-giudiziarie”, le quali parzialmente permangono anche nell’attuale ordinamento. Significativo è anche il ruolo che il revisore interpreta quale “interfaccia” del cittadino nei procedimenti di denuncia di irregolarità contabili e gestionali. La professione contabile negli enti locali ha assunto negli anni un ruolo, economico, sociale, politico, di grande rilevanza. La funzione di “attuatori della legge’, storicamente svolta tanto dai financial officer che dagli auditor, ne ha fatto anche dei fondamentali anelli di trasmissione del cambiamento dal governo centrale alle autorità locali. Anche se si focalizza lo sguardo al solo comparto della revisione, le innovazioni realizzate negli ultimi decenni appaiono di grande portata. Sul tradizionale corpo delle funzioni di controllo di legittimità e contabile, si sono innestate nuove responsabilità riguardanti la value for money audit. La capacità di adattamento del sistema ed i progresSi indubbiamente conseguiti possono spiegarsi, oltre che con la reattività al cambiamento dimostrata dalla professionale contabile, con il ruolo giocato dall’autorità governativa e le nuove condizioni di assetto istituzionale del sistema dei controlli sulle autorità locali. L’esecutivo ha interpretato con determinazione il ruolo di guida del cambiamento, indirizzando con decisione lo sviluppo dei controlli verso la misurazione delle performance globali degli enti e, più recentemente, verso la verifica del percorso di miglioramento sistematico delle prestazioni richiesto dal paradigma del best value. Agli inizi degli anni 80, l’esecutivo ha scelto la strada di costituire un organismo autonomo cui affidare il governo dei profili tecnico-operativi del rinnovato sistema dei controlli, realizzando così un bilanciamento originale tra funzioni di indirizzo, coordinamento e vigilanza sul sistema, conservate alla struttura ministeriale, e funzioni di gestione delegate all’esterno. La Audit Commission assorbe in sé il complesso di compiti riguardanti la gestione “al centro” del sistema della financial audit, dalla predisposizione delle regole tecniche di riferimento (Code of Practice), alla nomina dei revisori, alla loro valutazione. Anche nel campo della value for money audit, e della sua rilettura attuale secondo i requisiti del best value, il ruolo svolto dalla Commissione è centrale, ancorché alcune funzioni concorrenti siano state mantenute dalle strutture ministeriali. A nostro giudizio, l’attuale configurazione del sistema dei controlli evidenzia alcuni punti di forza che è possibile sintetizzare come segue: • la reale autonomia, di governance, strategica ed operativa, riconosciuta alla AC, La forte compenetrazione tra cultura della pubblica amministrazione e managerialità realizzata al suo interno, ne ha consentito uno sviluppo connotato da imprenditorialità e innovazione, con benefici per l’intero sistema; • la Commissione è garante del rigore e della qualità nelle attività di revisione ed ispettive, ma ha fatto proprio e saputo interpretare il ruolo di supporto al miglioramento continuo delle amministrazioni locali, secondo un’accezione “collaborativa” di controllo; in tal senso, ha giovato la separazione, di funzioni e persone, tra audit esterna e attività ispettiva svolta ai fini della verifica del requisiti del best value; • in particolare, la Comprehensive Performance Assessment, che costituisce uno dei campi di maggior impegno e visibilità della Commissione, dimostra con chiarezza l’orientamento del sistema a supporto della crescita delle autorità e dei servizi locali; • la AC opera, al centro del sistema, come accumulatore e diffusore di conoscenze, svolgendo un ruolo attivo nella raccolta e interpretazione dei casi di eccellenza e nella disseminazione delle buone pratiche; • ne consegue un oggettivo progresso nella valutazione delle performance e negli strumenti di informazione per l’ambiente, grazie allo sviluppo di metodologie condivise e tendenzialmente oggettive; quest’ultimo costituisce un aspetto di grande rilevanza in un campo, quale quello dell’informazione su obiettivi e risultati delle autorità locali, fortemente esposto ad un uso politico dell’informazione e caratterizzato da una forte incidenza dell’informazione qualitativa; • sebbene alla rilevazione/diffusione delle performance non si connettano esplicitamente sanzioni o premialità per gli enti, il meccanismo competitivo innescato dalla pubblicazione di risultati comparati, soprattutto nell’ambito della CPA, funge da stimolo al miglioramento delle prestazioni, mentre l’ampia diffusione dei dati favorisce l’avanzamento della cultura del controllo sociale sugli enti; • l’unificazione sotto un’unica autorità dei compiti riguardanti le diverse tipologie di audit ne favorisce una visione integrata, consentendo una gestione più razionale ed economica, e meno gravosa per gli enti, delle attività di revisione; • lo stesso ruolo dei revisori è venuto ad arricchirsi, con una valorizzazione del loro lavoro anche ai fini della valutazione delle performance; gli auditor, con la loro presenza presso gli enti, operano come “sensori” del sistema, sollecitando l’attivazione delle altre forme di controllo, di tipo più marcatamente collaborativo. Volgendo lo sguardo all’inevitabile “altra faccia della medaglia”, è evidente che il sisterna descritto ha costi di gestione molto elevati e implica notevoli carichi di adempimenti per le autorità locali. L’intrecciarsi di attività di revisione ed ispettive, anche da parte di autorità competenti su singoli servizi, determina una forte pressione sugli enti e alimenta esigenze di coordinamento, di cui si fa carico attualmente il governo centrale. Molto onerosi appaiono anche gli obblighi in materia di informazione economico-finanziaria, con un’oggettiva proliferazione di strumenti e momenti della comunicazione esterna. Il processo di devolution ha comportato la frantumazione delle competenze e la nascita di nuovi organismi di controllo su base nazionale. Ciò rende necessario, oggi, contrastare le forze centrifughe, ricercando forme di coordinamento delle iniziative e di scambio delle esperienze, di cui è testimonianza la recente costituzione del public Audit Forum. Emergono, tuttavia, alcuni circuiti virtuosi in grado di alimentare ulteriormente la crescita qualitativa del sistema: la disponibilità di dati sulla performance degli enti consente di proporzionare le ispezioni e la stessa attività di revisione, graduandone il peso rispetto agli effettivi fabbisogni e rischi; con logica analoga, il governo è di recenti intervenuto a fissare regole diverse per la pubblicazione del BVPP per le autorità con differenti livelli di performance rilevati nell’ambito della CPA. La disponibilità, ormai massiva, di dati ed esperienze sugli enti locali consente di fondare razionalmente ed orientare le politiche ed i futuri sviluppi del sistema dei controlli.
I controlli sugli enti locali nel Regno Unito
D'AMORE, Mariano
2006-01-01
Abstract
Questo lavoro focalizza l'aspetto dei controlli sugli enti locali nel Regno Unito. In particolare, si affrontano tematiche riguardanti l'audit esterna e il controllo delle autorità centrali sui risultati delle amministrazioni locali. Nell’analisi del modello britannico, un aspetto che emerge come caratterizzante è la netta separazione tra sistema dei controlli sulle amministrazioni centrali e su quelle locali. Tale carattere ha una radice storica antica, ma motivazioni ancora attuali, sebbene i cambiamenti istituzionali messi in moto dal processo di devolution mostrino il superamento del modello tradizionale nell’organizzazione del sistema dei controlli delle nuove autonomie nazionali. La funzione del Comptroller and Auditor General si esplica a supporto del Parlamento, nell’ambito della dialettica istituzionale tra Camere ed Esecutivo. La funzione di revisione esterna nella pubblica amministrazione locale, al pari di quella contabile, si inserisce tradizionalmente nella relazione di accountability tra autorità locali e governo centrale. Questa collocazione va letta nel contesto di uno Stato storicamente unitario ed accentrato, nel quale alle autorità locali è consentito operare rigidamente entro le funzioni delegate dal centro e sotto il controllo governativo. Sin dai primi interventi normativi, si realizza, almeno nelle intenzioni del legislatore, una convergenza di prospettive tra esecutivo e cittadino-contribuente, per cui il ruolo dei revisori, e dello stesso Chief Financial Officer, è inteso a tutela di un interesse generale alla corretta amministrazione delle risorse affidate alle autorità locali. Peculiare, e per certi aspetti “ibrido”, è il profilo assunto da queste due figure, che vengono a collocarsi in posizione intermedia tra governo centrale, ente locale e cittadini-contribuenti. Significativo è che la moderna figura del revisore esterno nasca, nel XIX secondo, come funzionario statale nominato dal governo centrale (district auditor), ma che negli stessi anni, in alcune realtà locali, i revisori siano eletti direttamente dai cittadini tra professionisti privati. Sintomatico è l’orientamento altalenante della fine del secolo scorso, con la riforma del 1972 che assegna alle autorità locali il potere di scelta dei revisori e quella del 1982 che riaffida tale compito ad un organismo esterno di matrice governativa (la Audit Commission). Ragioni storiche hanno contribuito a fare dei contabili e dei revisori degli enti locali delle comunità professionali dotate di forte identità e completamente distinte da quelle presenti nell’amministrazione centrale dello Stato. Altro carattere sedimentatosi negli anni è la forte autorevolezza ed indipendenza, anche dal potere politico, delle due figure. Nel caso degli auditor, tale carattere si sostanzia, tra l’altro, nel riconoscimento di funzioni “quasi-giudiziarie”, le quali parzialmente permangono anche nell’attuale ordinamento. Significativo è anche il ruolo che il revisore interpreta quale “interfaccia” del cittadino nei procedimenti di denuncia di irregolarità contabili e gestionali. La professione contabile negli enti locali ha assunto negli anni un ruolo, economico, sociale, politico, di grande rilevanza. La funzione di “attuatori della legge’, storicamente svolta tanto dai financial officer che dagli auditor, ne ha fatto anche dei fondamentali anelli di trasmissione del cambiamento dal governo centrale alle autorità locali. Anche se si focalizza lo sguardo al solo comparto della revisione, le innovazioni realizzate negli ultimi decenni appaiono di grande portata. Sul tradizionale corpo delle funzioni di controllo di legittimità e contabile, si sono innestate nuove responsabilità riguardanti la value for money audit. La capacità di adattamento del sistema ed i progresSi indubbiamente conseguiti possono spiegarsi, oltre che con la reattività al cambiamento dimostrata dalla professionale contabile, con il ruolo giocato dall’autorità governativa e le nuove condizioni di assetto istituzionale del sistema dei controlli sulle autorità locali. L’esecutivo ha interpretato con determinazione il ruolo di guida del cambiamento, indirizzando con decisione lo sviluppo dei controlli verso la misurazione delle performance globali degli enti e, più recentemente, verso la verifica del percorso di miglioramento sistematico delle prestazioni richiesto dal paradigma del best value. Agli inizi degli anni 80, l’esecutivo ha scelto la strada di costituire un organismo autonomo cui affidare il governo dei profili tecnico-operativi del rinnovato sistema dei controlli, realizzando così un bilanciamento originale tra funzioni di indirizzo, coordinamento e vigilanza sul sistema, conservate alla struttura ministeriale, e funzioni di gestione delegate all’esterno. La Audit Commission assorbe in sé il complesso di compiti riguardanti la gestione “al centro” del sistema della financial audit, dalla predisposizione delle regole tecniche di riferimento (Code of Practice), alla nomina dei revisori, alla loro valutazione. Anche nel campo della value for money audit, e della sua rilettura attuale secondo i requisiti del best value, il ruolo svolto dalla Commissione è centrale, ancorché alcune funzioni concorrenti siano state mantenute dalle strutture ministeriali. A nostro giudizio, l’attuale configurazione del sistema dei controlli evidenzia alcuni punti di forza che è possibile sintetizzare come segue: • la reale autonomia, di governance, strategica ed operativa, riconosciuta alla AC, La forte compenetrazione tra cultura della pubblica amministrazione e managerialità realizzata al suo interno, ne ha consentito uno sviluppo connotato da imprenditorialità e innovazione, con benefici per l’intero sistema; • la Commissione è garante del rigore e della qualità nelle attività di revisione ed ispettive, ma ha fatto proprio e saputo interpretare il ruolo di supporto al miglioramento continuo delle amministrazioni locali, secondo un’accezione “collaborativa” di controllo; in tal senso, ha giovato la separazione, di funzioni e persone, tra audit esterna e attività ispettiva svolta ai fini della verifica del requisiti del best value; • in particolare, la Comprehensive Performance Assessment, che costituisce uno dei campi di maggior impegno e visibilità della Commissione, dimostra con chiarezza l’orientamento del sistema a supporto della crescita delle autorità e dei servizi locali; • la AC opera, al centro del sistema, come accumulatore e diffusore di conoscenze, svolgendo un ruolo attivo nella raccolta e interpretazione dei casi di eccellenza e nella disseminazione delle buone pratiche; • ne consegue un oggettivo progresso nella valutazione delle performance e negli strumenti di informazione per l’ambiente, grazie allo sviluppo di metodologie condivise e tendenzialmente oggettive; quest’ultimo costituisce un aspetto di grande rilevanza in un campo, quale quello dell’informazione su obiettivi e risultati delle autorità locali, fortemente esposto ad un uso politico dell’informazione e caratterizzato da una forte incidenza dell’informazione qualitativa; • sebbene alla rilevazione/diffusione delle performance non si connettano esplicitamente sanzioni o premialità per gli enti, il meccanismo competitivo innescato dalla pubblicazione di risultati comparati, soprattutto nell’ambito della CPA, funge da stimolo al miglioramento delle prestazioni, mentre l’ampia diffusione dei dati favorisce l’avanzamento della cultura del controllo sociale sugli enti; • l’unificazione sotto un’unica autorità dei compiti riguardanti le diverse tipologie di audit ne favorisce una visione integrata, consentendo una gestione più razionale ed economica, e meno gravosa per gli enti, delle attività di revisione; • lo stesso ruolo dei revisori è venuto ad arricchirsi, con una valorizzazione del loro lavoro anche ai fini della valutazione delle performance; gli auditor, con la loro presenza presso gli enti, operano come “sensori” del sistema, sollecitando l’attivazione delle altre forme di controllo, di tipo più marcatamente collaborativo. Volgendo lo sguardo all’inevitabile “altra faccia della medaglia”, è evidente che il sisterna descritto ha costi di gestione molto elevati e implica notevoli carichi di adempimenti per le autorità locali. L’intrecciarsi di attività di revisione ed ispettive, anche da parte di autorità competenti su singoli servizi, determina una forte pressione sugli enti e alimenta esigenze di coordinamento, di cui si fa carico attualmente il governo centrale. Molto onerosi appaiono anche gli obblighi in materia di informazione economico-finanziaria, con un’oggettiva proliferazione di strumenti e momenti della comunicazione esterna. Il processo di devolution ha comportato la frantumazione delle competenze e la nascita di nuovi organismi di controllo su base nazionale. Ciò rende necessario, oggi, contrastare le forze centrifughe, ricercando forme di coordinamento delle iniziative e di scambio delle esperienze, di cui è testimonianza la recente costituzione del public Audit Forum. Emergono, tuttavia, alcuni circuiti virtuosi in grado di alimentare ulteriormente la crescita qualitativa del sistema: la disponibilità di dati sulla performance degli enti consente di proporzionare le ispezioni e la stessa attività di revisione, graduandone il peso rispetto agli effettivi fabbisogni e rischi; con logica analoga, il governo è di recenti intervenuto a fissare regole diverse per la pubblicazione del BVPP per le autorità con differenti livelli di performance rilevati nell’ambito della CPA. La disponibilità, ormai massiva, di dati ed esperienze sugli enti locali consente di fondare razionalmente ed orientare le politiche ed i futuri sviluppi del sistema dei controlli.I documenti in IRIS sono protetti da copyright e tutti i diritti sono riservati, salvo diversa indicazione.