Il presente contributo indaga il ruolo che ha la qualità dell’attaccamento primario (rapporto madre-figlio) per la costruzione dello stile affettivo in età adulta1; evidenze consolidate in letteratura confermano che, aver sperimentato specifici stili di attaccamento nel corso dell’infanzia, può costituire pregiudizio nella capacità di esercizio di una affettività sana in età adulta. Tali osservazioni sono supportate da evidenze di studi che hanno rilevato più elevati livelli di aggressività e violenza, fisica e psicologica nelle coppie ove, uno o entrambi i partners, presentavano un attaccamento insicuro (Wilson et alii., 2013). Analogamente, anche altre fasi di sviluppo, sembrano avere un ruolo significativo nella determinazione di tali condotte, quando cioè il maschio in pre-adolescenza e adolescenza verifica progressive condizioni di autonomia e differenziazione. Le criticità connaturate a queste delicatissime fasi di sviluppo si associano a quelle legate a pregresse condizioni di attaccamento insicuro, sperimentate nel corso della prima e della seconda infanzia; tali congiunte criticità costituiscono un fattore di rischio correlato per la messa in atto di condotte violente, anche in riferimento all’uso di sostanze psicoattive e psicofarmaci, associate ad altre forme di dipendenza (alcool, droghe, ludopatie, pornografia digitale, ecc.). Entrambe le osservazioni, riferite ad infanzia e adolescenza, si collocherebbero, dunque, lungo un continuum evolutivo che avrebbe origine proprio nell’infanzia. Il razionale che sostiene l’analisi del presente articolo è confermato anche nell’ambito di una indagine empirica, svolta all’interno del Carcere di Secondigliano che detiene la maggior presenza di sex offender dell’intero Paese (103 detenuti al 3/11/24). In conclusione, la risposta alla violenza di genere in Italia, dato di fortissimo allarme criminale e sociale, va trovata soprattutto attraverso un lavoro di prevenzione educativa rivolto in particolare alle madri che educano figli maschi. Da qui l’utilità di investire in politiche ed interventi nel campo dell’empowerment al materno per lo sviluppo di risorse, soprattutto di madri in condizioni di scarse possibilità economiche e culturali. La presente riflessione, lungi dal voler apparire come un’analisi volta ad attribuire alle madri una sorta di “stigma di colpevolezza”, ha lo scopo, al contrario, di sottolineare quanto l’infanzia e l’adolescenza costituiscano tappe di sviluppo sensibili nella determinazione del fenomeno.
Fasi evolutivamente sensibili nella genesi della violenza di genere. Infanzia e adolescenza quali determinanti significative.
Maria Luisa Iavarone
;Giulia Russo;
2024-01-01
Abstract
Il presente contributo indaga il ruolo che ha la qualità dell’attaccamento primario (rapporto madre-figlio) per la costruzione dello stile affettivo in età adulta1; evidenze consolidate in letteratura confermano che, aver sperimentato specifici stili di attaccamento nel corso dell’infanzia, può costituire pregiudizio nella capacità di esercizio di una affettività sana in età adulta. Tali osservazioni sono supportate da evidenze di studi che hanno rilevato più elevati livelli di aggressività e violenza, fisica e psicologica nelle coppie ove, uno o entrambi i partners, presentavano un attaccamento insicuro (Wilson et alii., 2013). Analogamente, anche altre fasi di sviluppo, sembrano avere un ruolo significativo nella determinazione di tali condotte, quando cioè il maschio in pre-adolescenza e adolescenza verifica progressive condizioni di autonomia e differenziazione. Le criticità connaturate a queste delicatissime fasi di sviluppo si associano a quelle legate a pregresse condizioni di attaccamento insicuro, sperimentate nel corso della prima e della seconda infanzia; tali congiunte criticità costituiscono un fattore di rischio correlato per la messa in atto di condotte violente, anche in riferimento all’uso di sostanze psicoattive e psicofarmaci, associate ad altre forme di dipendenza (alcool, droghe, ludopatie, pornografia digitale, ecc.). Entrambe le osservazioni, riferite ad infanzia e adolescenza, si collocherebbero, dunque, lungo un continuum evolutivo che avrebbe origine proprio nell’infanzia. Il razionale che sostiene l’analisi del presente articolo è confermato anche nell’ambito di una indagine empirica, svolta all’interno del Carcere di Secondigliano che detiene la maggior presenza di sex offender dell’intero Paese (103 detenuti al 3/11/24). In conclusione, la risposta alla violenza di genere in Italia, dato di fortissimo allarme criminale e sociale, va trovata soprattutto attraverso un lavoro di prevenzione educativa rivolto in particolare alle madri che educano figli maschi. Da qui l’utilità di investire in politiche ed interventi nel campo dell’empowerment al materno per lo sviluppo di risorse, soprattutto di madri in condizioni di scarse possibilità economiche e culturali. La presente riflessione, lungi dal voler apparire come un’analisi volta ad attribuire alle madri una sorta di “stigma di colpevolezza”, ha lo scopo, al contrario, di sottolineare quanto l’infanzia e l’adolescenza costituiscano tappe di sviluppo sensibili nella determinazione del fenomeno.I documenti in IRIS sono protetti da copyright e tutti i diritti sono riservati, salvo diversa indicazione.