Il dibattito sulle life skills in tempo di pandemia e post-pandemia si è imposto come prioritario e attuale, in relazione ai mutamenti sociali, economici e culturali che eventi tanto epocali hanno comportato. Il periodo di crisi che stiamo attraversando ha ampiamente dimostrato la fragilità dei nostri ambienti di vita, a partire da quelli sanitari, per giungere a quelli sociali, educativi, culturali, tecnologici, restituendoci uno scenario che testimonia il bisogno di potenziare il sistema della formazione in termini di life skills, di coping, di resilienza, allo scopo di rendere più sostenibili le transizioni umane e digitali nelle quali siamo immersi. Si tratta di un bisogno caratterizzato da specifici tratti legati alla contingenza. Ma si tratta anche di un bisogno generale che richiama – con la forza non tanto del sollecito quanto dell’imperativo – la necessità di mantenere sempre vigile l’attenzione sulla direzione di senso umano. Subire transizioni, senza essere attrezzati, ci rende incapaci di attraversarle utilmente, ma ancor di più ci fa correre il rischio di aggravare il divario di opportunità tra individui, ampliando sacche di povertà e accrescendo l’ingiustizia sociale. Infatti, proprio in ragione di quell’attenzione alla direzione di senso umano, la definizione di giustizia sociale nei sistemi formativi non riconduce, solo, all’equa distribuzione delle risorse e all’equo trattamento di tutti gli individui, ma permette soprattutto di farli sentire apprezzati e al sicuro a livello individuale, culturale, sociale e comunitario. L’esperienza ne ha dato e continua a darne prova: in una complessa e fitta rete formativa, in cui agiscono politiche, culture, gruppi e individui, si rischia di continuare a rafforzare le disuguaglianze. Rendere, al contrario, educativamente sostenibili le transizioni implica un grande sforzo di innovazione nei sistemi dell’istruzione e della formazione continua, secondo due linee distinte ma convergenti: quella che lavora in un’ottica di inclusione e di protezione di quei soggetti che rischiano di rimanerne potenzialmente esclusi; e quella che insiste sulla formazione di coloro che, a vario titolo e con ruoli diversi, devono assicurare l’inclusione e la protezione.

The European LifeComp model between Embedded Learning and Adult Education Il modello europeo LifeComp tra Embedded Learning e Adult Education

Maria Luisa Iavarone
;
2023-01-01

Abstract

Il dibattito sulle life skills in tempo di pandemia e post-pandemia si è imposto come prioritario e attuale, in relazione ai mutamenti sociali, economici e culturali che eventi tanto epocali hanno comportato. Il periodo di crisi che stiamo attraversando ha ampiamente dimostrato la fragilità dei nostri ambienti di vita, a partire da quelli sanitari, per giungere a quelli sociali, educativi, culturali, tecnologici, restituendoci uno scenario che testimonia il bisogno di potenziare il sistema della formazione in termini di life skills, di coping, di resilienza, allo scopo di rendere più sostenibili le transizioni umane e digitali nelle quali siamo immersi. Si tratta di un bisogno caratterizzato da specifici tratti legati alla contingenza. Ma si tratta anche di un bisogno generale che richiama – con la forza non tanto del sollecito quanto dell’imperativo – la necessità di mantenere sempre vigile l’attenzione sulla direzione di senso umano. Subire transizioni, senza essere attrezzati, ci rende incapaci di attraversarle utilmente, ma ancor di più ci fa correre il rischio di aggravare il divario di opportunità tra individui, ampliando sacche di povertà e accrescendo l’ingiustizia sociale. Infatti, proprio in ragione di quell’attenzione alla direzione di senso umano, la definizione di giustizia sociale nei sistemi formativi non riconduce, solo, all’equa distribuzione delle risorse e all’equo trattamento di tutti gli individui, ma permette soprattutto di farli sentire apprezzati e al sicuro a livello individuale, culturale, sociale e comunitario. L’esperienza ne ha dato e continua a darne prova: in una complessa e fitta rete formativa, in cui agiscono politiche, culture, gruppi e individui, si rischia di continuare a rafforzare le disuguaglianze. Rendere, al contrario, educativamente sostenibili le transizioni implica un grande sforzo di innovazione nei sistemi dell’istruzione e della formazione continua, secondo due linee distinte ma convergenti: quella che lavora in un’ottica di inclusione e di protezione di quei soggetti che rischiano di rimanerne potenzialmente esclusi; e quella che insiste sulla formazione di coloro che, a vario titolo e con ruoli diversi, devono assicurare l’inclusione e la protezione.
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