Alla ricostruzione dell’itinerario simbolico della maschera, dello specchio e del velo nel teatro di corte inglese dei primi decenni del ‘600 in questo volume si affianca un’analisi della percezione e della configurazione del tempo in quell’età, così come si dispiegava nei coreografici masques alla corte inglese che formavano, insieme ad opere contemporanee per il teatro pubblico, dei cicli celebrativi di eventi importanti nella vita del regno. Nel gioco barocco di identificazioni fra mondo e teatro, polo d’attrazione simbolico era il corpo del re, che nelle formulazioni dei giuristi dell’età elisabettiana si componeva di un corpo naturale, caduco, e uno politico infallibile e immortale: “nullum tempus currit contra regem”. Nel primi due capitoli del volume si ricostruisce l’evoluzione del masque come genere drammaturgico in relazione alla dottrina e l’estetica della monarchia assoluta, con attenzione ai linguaggi figurati e alle loro complesse valenze deittico-performative. Si evidenziano anche le commistioni fra elementi misterici e cabalistici (‘removed mysteries’) e le ‘prodigiose’ macchine teatrali di Inigo Jones, frutto delle conoscenze e delle tecniche più recenti. Questa ‘meravigliosa’ scenografia spesso relegava in secondo piano i testi poetici di Ben Jonson, che invano lottava per la vittoria del ‘soul’ sul ‘body’ dello spettacolo. Nelle opere di Giacomo I Stuart si legge che il re si specchia in Dio e, a sua volta, deve essere specchio trasparente (christall mirror) per offrire al popolo la visione del proprio cuore. La scenotecnica del masque era funzionale a veicolare tale dottrina, palesemente ispirata alla cristologia medioevale, grazie anche all’uso del sipario, analogo a quello del velo del tabernacolo, oltreché, naturalmente, delle maschere che celano per poi rivelare e degli specchi che riflettano e rimandano all’infinito. Il terzo capitolo è dedicato alle valenze filosofiche ed estetiche del tempo riconoscibili nei masques dell’età Stuart (1603-1640), e spesso esplicitate nei titoli, come ‘The Golden Age Restored’, o ‘Time Vindicated to Himself and to his Honours’. Emerge una poliedricità di visione che non si limita a produrre categorie di tempo in opposizione, ma che del tempo fa anche un personaggio, una divinità, un principio ri-ordinatore, un tema. Nel quarto capitolo si procede a raffronti con alcune figure di re shakespeariani, come il Riccardo II e l’Enrico V, e all’interpretazione di alcuni aspetti della ‘Tempesta’, forse l’opera più ‘illusionista’ di Shakespeare e la più vicina ai masques, sia pure nel rivelarne tutti gli inganni. Al tempo senza storia del teatro di corte, che rispecchia l’immutabile gloria del re, si sostituisce nei teatri pubblici il tempo privo di ritorni dei re tragici shakespeariani che, insieme allo specchio infranto da Riccardo II, attraverso un linguaggio denso di parole che fanno la scena, allude alla situazione di quegli anni con disincantate metafore, prive di redenzione.

La maschera e lo specchio del tempo. Ben Jonson, Giacomo I e lo spettacolo del re. Immagini shakespeariane

ABBAMONTE, Lucia
1996-01-01

Abstract

Alla ricostruzione dell’itinerario simbolico della maschera, dello specchio e del velo nel teatro di corte inglese dei primi decenni del ‘600 in questo volume si affianca un’analisi della percezione e della configurazione del tempo in quell’età, così come si dispiegava nei coreografici masques alla corte inglese che formavano, insieme ad opere contemporanee per il teatro pubblico, dei cicli celebrativi di eventi importanti nella vita del regno. Nel gioco barocco di identificazioni fra mondo e teatro, polo d’attrazione simbolico era il corpo del re, che nelle formulazioni dei giuristi dell’età elisabettiana si componeva di un corpo naturale, caduco, e uno politico infallibile e immortale: “nullum tempus currit contra regem”. Nel primi due capitoli del volume si ricostruisce l’evoluzione del masque come genere drammaturgico in relazione alla dottrina e l’estetica della monarchia assoluta, con attenzione ai linguaggi figurati e alle loro complesse valenze deittico-performative. Si evidenziano anche le commistioni fra elementi misterici e cabalistici (‘removed mysteries’) e le ‘prodigiose’ macchine teatrali di Inigo Jones, frutto delle conoscenze e delle tecniche più recenti. Questa ‘meravigliosa’ scenografia spesso relegava in secondo piano i testi poetici di Ben Jonson, che invano lottava per la vittoria del ‘soul’ sul ‘body’ dello spettacolo. Nelle opere di Giacomo I Stuart si legge che il re si specchia in Dio e, a sua volta, deve essere specchio trasparente (christall mirror) per offrire al popolo la visione del proprio cuore. La scenotecnica del masque era funzionale a veicolare tale dottrina, palesemente ispirata alla cristologia medioevale, grazie anche all’uso del sipario, analogo a quello del velo del tabernacolo, oltreché, naturalmente, delle maschere che celano per poi rivelare e degli specchi che riflettano e rimandano all’infinito. Il terzo capitolo è dedicato alle valenze filosofiche ed estetiche del tempo riconoscibili nei masques dell’età Stuart (1603-1640), e spesso esplicitate nei titoli, come ‘The Golden Age Restored’, o ‘Time Vindicated to Himself and to his Honours’. Emerge una poliedricità di visione che non si limita a produrre categorie di tempo in opposizione, ma che del tempo fa anche un personaggio, una divinità, un principio ri-ordinatore, un tema. Nel quarto capitolo si procede a raffronti con alcune figure di re shakespeariani, come il Riccardo II e l’Enrico V, e all’interpretazione di alcuni aspetti della ‘Tempesta’, forse l’opera più ‘illusionista’ di Shakespeare e la più vicina ai masques, sia pure nel rivelarne tutti gli inganni. Al tempo senza storia del teatro di corte, che rispecchia l’immutabile gloria del re, si sostituisce nei teatri pubblici il tempo privo di ritorni dei re tragici shakespeariani che, insieme allo specchio infranto da Riccardo II, attraverso un linguaggio denso di parole che fanno la scena, allude alla situazione di quegli anni con disincantate metafore, prive di redenzione.
1996
88-8114-361-5
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Utilizza questo identificativo per citare o creare un link a questo documento: https://hdl.handle.net/11367/113408
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