I provvedimenti che imposero ai magistrati del regno di Napoli l'obbligo di motivare le loro sentenze rappresentarono al tempo stesso un punto di approdo di un plurisecolare travaglio nel mondo del diritto e una svolta epocale. Fu però una stagione breve che, data la fragilità delle condizioni culturali del ceto giuridico e il clima politico complessivo, si affievolì presto. Il saggio indaga sui percorsi teorico-istituzionali che condussero Bernardo Tanucci a emanare i famosi dispacci del 1774 sull'obbligo di motivare i provvedimenti giurisdizionali e tenta di scoprire in profondità le vere cause dell'insuccesso di quella illuminata scelta. Sotto il profilo storiografico la vicenda napoletana della motivazione delle sentenze non può essere, senza un’evidente forzatura ideologica, considerata un grande apporto della cultura giuridica meridionale al futuro regno unitario. È più corretto e fedele alla realtà storica affermare, invece, che il maggiore contributo del Regno al nuovo Stato italiano risiede piuttosto in quella cultura giuridica e politica critica che prese forma in vivaci e innovativi circoli intellettuali di piccole minoranze attive, come l’Accademia degli Investiganti o la Scuola genovesiana. Da questo punto di vista la conclusione è che il pensiero dei giuristi fu piuttosto un elemento di freno che di stimolo al progresso del diritto e allo sviluppo della mentalità giuridica moderna.

La riforma e le pignatte. Dalla mediazione patriarcale alla de-motivazione delle sentenze. Diritto e politica nella Napoli del Settecento.

DI DONATO, Francesco
2016-01-01

Abstract

I provvedimenti che imposero ai magistrati del regno di Napoli l'obbligo di motivare le loro sentenze rappresentarono al tempo stesso un punto di approdo di un plurisecolare travaglio nel mondo del diritto e una svolta epocale. Fu però una stagione breve che, data la fragilità delle condizioni culturali del ceto giuridico e il clima politico complessivo, si affievolì presto. Il saggio indaga sui percorsi teorico-istituzionali che condussero Bernardo Tanucci a emanare i famosi dispacci del 1774 sull'obbligo di motivare i provvedimenti giurisdizionali e tenta di scoprire in profondità le vere cause dell'insuccesso di quella illuminata scelta. Sotto il profilo storiografico la vicenda napoletana della motivazione delle sentenze non può essere, senza un’evidente forzatura ideologica, considerata un grande apporto della cultura giuridica meridionale al futuro regno unitario. È più corretto e fedele alla realtà storica affermare, invece, che il maggiore contributo del Regno al nuovo Stato italiano risiede piuttosto in quella cultura giuridica e politica critica che prese forma in vivaci e innovativi circoli intellettuali di piccole minoranze attive, come l’Accademia degli Investiganti o la Scuola genovesiana. Da questo punto di vista la conclusione è che il pensiero dei giuristi fu piuttosto un elemento di freno che di stimolo al progresso del diritto e allo sviluppo della mentalità giuridica moderna.
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