Nella vicenda storica degli ordinamenti occidentali vi è un sotteso, un non-detto che alimenta tutto il lungo percorso dell’esperienza giuridica: nel diritto è insita la verità. Dai primordiali documenti normativi conosciuti – i comandamenti mosaici, il codice di Hammurabi, le leggi delle dodici tavole – fino al diritto medievale e parzialmente a quello della prima Età moderna, si evince l’idea di fondo che il diritto traduca nelle relazioni umane una dimensione superiore dell’ethos destinata a disciplinare i comportamenti degli esseri umani vincolandoli a precetti la cui legittimazione, direttamente o indirettamente, si fonda su postulati ultramondani o quantomeno su una ragione obiettiva che è definita come incontrovertibile Veritas. In quest’orizzonte di senso la dimensione giuridica è pensata e vissuta come una sorta di “braccio secolare” il cui compito essenziale consiste nel tradurre, nel declinare, nella concreta realtà dei rapporti intersoggettivi, princìpi che trovano origine e fondamento nel thesaurus di valori religiosi e morali che una consolidata Tradizione ha proteso nel tempo. Va da sé che, essendo gli strumenti principali di questa declinatio sanzionatori, il diritto ha bisogno di fondare non solo un ordine normativo, ma anche un apparato istituzionale, capace di mettere in atto le decisioni che sono il frutto di quella traduzione. Il diritto ha insomma il compito di trasformare l’idea astratta in realtà concreta e operativa (si può notare, per inciso, che «traduzione» e «tradizione» hanno, nel prefisso latino trans, una radice etimologica almeno parzialmente comune).

De la verdad perversa a la mentira virtuosa: la lucha del derecho moderno hacía la democracia jurídica. Una reflexión de teoría de la historia

DI DONATO, Francesco
2015-01-01

Abstract

Nella vicenda storica degli ordinamenti occidentali vi è un sotteso, un non-detto che alimenta tutto il lungo percorso dell’esperienza giuridica: nel diritto è insita la verità. Dai primordiali documenti normativi conosciuti – i comandamenti mosaici, il codice di Hammurabi, le leggi delle dodici tavole – fino al diritto medievale e parzialmente a quello della prima Età moderna, si evince l’idea di fondo che il diritto traduca nelle relazioni umane una dimensione superiore dell’ethos destinata a disciplinare i comportamenti degli esseri umani vincolandoli a precetti la cui legittimazione, direttamente o indirettamente, si fonda su postulati ultramondani o quantomeno su una ragione obiettiva che è definita come incontrovertibile Veritas. In quest’orizzonte di senso la dimensione giuridica è pensata e vissuta come una sorta di “braccio secolare” il cui compito essenziale consiste nel tradurre, nel declinare, nella concreta realtà dei rapporti intersoggettivi, princìpi che trovano origine e fondamento nel thesaurus di valori religiosi e morali che una consolidata Tradizione ha proteso nel tempo. Va da sé che, essendo gli strumenti principali di questa declinatio sanzionatori, il diritto ha bisogno di fondare non solo un ordine normativo, ma anche un apparato istituzionale, capace di mettere in atto le decisioni che sono il frutto di quella traduzione. Il diritto ha insomma il compito di trasformare l’idea astratta in realtà concreta e operativa (si può notare, per inciso, che «traduzione» e «tradizione» hanno, nel prefisso latino trans, una radice etimologica almeno parzialmente comune).
2015
978-84-9004-0
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