Il volume analizza, in una prospettiva inedita, la concezione del restauro dei monumenti di Errico Alvino, una delle figure più significative nell’ambito della cultura architettonica italiana ed europea della seconda metà del XIX secolo. Libero professionista, tecnico municipale, docente di architettura e membro di organi locali e centrali di tutela, Errico Alvino svolse un ruolo di primissimo piano nell’ambiente culturale e professionale napoletano e italiano, in un momento storico particolare, coincidente per la realtà partenopea con la fine del regno borbonico e la nascita del nuovo stato unitario. L’attiva partecipazione a vicende di portata nazionale, quali i concorsi per il completamento in stile della facciata di S. Maria del Fiore a Firenze e i primi congressi di ingegneri e architetti italiani, consentirono all’‘architetto-restauratore’ napoletano un immediato inserimento nel vivo del dibattito europeo e il diretto confronto con le idee di importanti personalità del campo, quali Eugène Emmanuel Viollet-le-Duc, Gottfried Semper, Karl Hasenauer, Pietro Selvatico Estense, Camillo Boito, Alessandro Antonelli, per citarne alcuni. Furono proprio tali avvenimenti a condizionare, in modo significativo, tutta l’attività di Alvino e, in particolare, l'espletamento di alcuni importanti incarichi di progetti di restauro per edifici di grande valore monumentale, quali quelli relativi alla realizzazione della facciata della cattedrale della città partenopea, alla ricostruzione del prospetto del duomo di Amalfi e a quell’interessante e poco noto lavoro di trasformazione dell’ex convento seicentesco di San Giovanni Battista delle Monache a Napoli in Accademia di Belle Arti. La ricca produzione alviniana fornisce un ampio repertorio di opere che risultava ancora non indagato in modo sistematico. Nonostante il grande rilievo del personaggio, infatti, la conoscenza della sua attività relativa ai campi dell'architettura, dell'urbanistica e del restauro, era affidata, a parte poche eccezioni, alla monografia di Giuseppe Bruno e Renato De Fusco, con la quale fu avviato, negli anni' 60 del Novecento, quel processo di revisione critica della figura di Alvino, nel tentativo di colmare una lacuna attribuibile alla storiografia della prima metà e oltre dello stesso secolo, notoriamente avversa all'intera cultura architettonica ottocentesca. In tal senso, il saggio appena citato, nonostante l'indubbio valore pioneristico nell’ambito di una storiografia più strettamente architettonica, meritava una revisione e un ampliamento. Nell’ottica di tale rivalutazione va però aggiunto che era, in particolare, la produzione legata al restauro a necessitare di un più significativo aggiornamento critico, essendo stata, nel testo del ‘62, sottovalutata e insufficientemente analizzata, certamente a causa dei noti motivi connessi alla rapida evoluzione, nel corso del XX secolo, dello stesso concetto di ‘restauro’ e all'affermarsi dei principi della moderna cultura della conservazione. E' proprio per tali presupposti che l'opera dell'architetto napoletano risultava non esaurientemente indagata, anche nell'ambito della storiografia del restauro, che pure ne aveva riconosciuto il ruolo, nel più ampio capitolo delle sperimentazioni del restauro stilistico in Italia. Da qui la necessità di un'analisi puntuale della produzione di Errico Alvino, inquadrata nell’ambito della comprensione complessiva della personalità ottocentesca, al fine di restituirla alla sua reale dimensione. In questa prospettiva, il volume fornisce, attraverso la revisione critica della figura e dell'opera dell'architetto-restauratore napoletano e mediante il contributo di nuove acquisizioni documentarie, un necessario approfondimento degli aspetti metodologici di alcuni emblematici casi di restauro, chiarendone, al contempo, il ruolo svolto in rapporto alla cultura del tempo. Quel che ne emerge è la figura di un restauratore che, al di là del suo specifico contributo in linea con il restauro stilistico, si segnala con un proprio originale apporto rintracciabile nella particolare sensibilità alla permanenza del ‘dato storico’ nelle operazioni di restauro, assumendo, in tal modo, un ruolo determinante nei confronti di quel processo che ha condotto alla definizione dell’attuale disciplina del restauro architettonico.

Errico Alvino e il restauro dei monumenti

PUGLIANO, Giuseppina
2004-01-01

Abstract

Il volume analizza, in una prospettiva inedita, la concezione del restauro dei monumenti di Errico Alvino, una delle figure più significative nell’ambito della cultura architettonica italiana ed europea della seconda metà del XIX secolo. Libero professionista, tecnico municipale, docente di architettura e membro di organi locali e centrali di tutela, Errico Alvino svolse un ruolo di primissimo piano nell’ambiente culturale e professionale napoletano e italiano, in un momento storico particolare, coincidente per la realtà partenopea con la fine del regno borbonico e la nascita del nuovo stato unitario. L’attiva partecipazione a vicende di portata nazionale, quali i concorsi per il completamento in stile della facciata di S. Maria del Fiore a Firenze e i primi congressi di ingegneri e architetti italiani, consentirono all’‘architetto-restauratore’ napoletano un immediato inserimento nel vivo del dibattito europeo e il diretto confronto con le idee di importanti personalità del campo, quali Eugène Emmanuel Viollet-le-Duc, Gottfried Semper, Karl Hasenauer, Pietro Selvatico Estense, Camillo Boito, Alessandro Antonelli, per citarne alcuni. Furono proprio tali avvenimenti a condizionare, in modo significativo, tutta l’attività di Alvino e, in particolare, l'espletamento di alcuni importanti incarichi di progetti di restauro per edifici di grande valore monumentale, quali quelli relativi alla realizzazione della facciata della cattedrale della città partenopea, alla ricostruzione del prospetto del duomo di Amalfi e a quell’interessante e poco noto lavoro di trasformazione dell’ex convento seicentesco di San Giovanni Battista delle Monache a Napoli in Accademia di Belle Arti. La ricca produzione alviniana fornisce un ampio repertorio di opere che risultava ancora non indagato in modo sistematico. Nonostante il grande rilievo del personaggio, infatti, la conoscenza della sua attività relativa ai campi dell'architettura, dell'urbanistica e del restauro, era affidata, a parte poche eccezioni, alla monografia di Giuseppe Bruno e Renato De Fusco, con la quale fu avviato, negli anni' 60 del Novecento, quel processo di revisione critica della figura di Alvino, nel tentativo di colmare una lacuna attribuibile alla storiografia della prima metà e oltre dello stesso secolo, notoriamente avversa all'intera cultura architettonica ottocentesca. In tal senso, il saggio appena citato, nonostante l'indubbio valore pioneristico nell’ambito di una storiografia più strettamente architettonica, meritava una revisione e un ampliamento. Nell’ottica di tale rivalutazione va però aggiunto che era, in particolare, la produzione legata al restauro a necessitare di un più significativo aggiornamento critico, essendo stata, nel testo del ‘62, sottovalutata e insufficientemente analizzata, certamente a causa dei noti motivi connessi alla rapida evoluzione, nel corso del XX secolo, dello stesso concetto di ‘restauro’ e all'affermarsi dei principi della moderna cultura della conservazione. E' proprio per tali presupposti che l'opera dell'architetto napoletano risultava non esaurientemente indagata, anche nell'ambito della storiografia del restauro, che pure ne aveva riconosciuto il ruolo, nel più ampio capitolo delle sperimentazioni del restauro stilistico in Italia. Da qui la necessità di un'analisi puntuale della produzione di Errico Alvino, inquadrata nell’ambito della comprensione complessiva della personalità ottocentesca, al fine di restituirla alla sua reale dimensione. In questa prospettiva, il volume fornisce, attraverso la revisione critica della figura e dell'opera dell'architetto-restauratore napoletano e mediante il contributo di nuove acquisizioni documentarie, un necessario approfondimento degli aspetti metodologici di alcuni emblematici casi di restauro, chiarendone, al contempo, il ruolo svolto in rapporto alla cultura del tempo. Quel che ne emerge è la figura di un restauratore che, al di là del suo specifico contributo in linea con il restauro stilistico, si segnala con un proprio originale apporto rintracciabile nella particolare sensibilità alla permanenza del ‘dato storico’ nelle operazioni di restauro, assumendo, in tal modo, un ruolo determinante nei confronti di quel processo che ha condotto alla definizione dell’attuale disciplina del restauro architettonico.
2004
88-7431-254-7
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Utilizza questo identificativo per citare o creare un link a questo documento: https://hdl.handle.net/11367/26181
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