La complessa articolazione dello scenario competitivo in cui le im-prese operano, profondamente modificato dal consolidamento del pro-cesso di globalizzazione e dalla pervasività delle nuove tecnologie, ha indotto una rivisitazione critica delle tradizionali fonti del vantaggio competitivo, enfatizzando il ruolo che le risorse immateriali assumono per il successo delle iniziative. La capacità delle imprese di rispondere alla crescente varietà e va-riabilità ambientale appare influenzata, in misura sempre maggiore, dalla disponibilità di capitale umano e di risorse intangibili, piuttosto che dalla accessibilità a risorse fisiche e materiali: in questa prospetti-va si attribuisce un ruolo strategico ai processi di apprendimento come meccanismo attraverso il quale accrescere il patrimonio cogni-tivo delle imprese e concretizzare vantaggi competitivi duraturi e di-fendibili, sia a livello nazionale, sia a livello internazionale. E’ cresciuta, nell’ottica delineata, l’attenzione degli studiosi nei con-fronti della conoscenza quale fonte di differenziazione e di competitivi-tà delle organizzazioni economiche: la creazione e la successiva mobiliz-zazione di risorse cognitive, sempre più disperse a causa dell’estensione dell’arena competitiva su scala mondiale, assumono, pertanto, un ruolo centrale nelle attività di impresa. Alla luce delle considerazioni riportate, la prima parte del lavoro è stata orientata alla sistematizzazione dei diversi approcci teorici rela-tivi ai processi di creazione e diffusione della conoscenza, eviden-ziando limiti, differenze e sovrapposizioni rinvenibili tra i principali contributi esaminati. La conoscenza, quale oggetto di studio delle discipline economico-aziendali, ha assunto rilievo a partire dagli inizi degli anni ’90, in con-comitanza al consolidamento delle concettualizzazioni relative alle no-zioni di “dynamic capabilities”, “organizational capabilities/learning” e di “intel-lectual capital” . Da semplice strumento funzionale, finalizzata alla realizzazione di al-tri processi organizzativi, la conoscenza è divenuta una risorsa da gestire in sé, capace di produrre valore per il solo fatto di essere capitalizzata. La delineata enfasi sul concetto di conoscenza e sul rilievo assunto dalla stessa nell’ambito dei processi di creazione del valore è stata, nello specifico, interpretata come la naturale evoluzione della visione di im-presa come insieme eterogeneo di risorse, che dai contributi pionieristici elaborati in seno alla Resource Based View of the firm, ha trovato la sua massima espressione nelle concettualizzazioni proposte dagli esponenti della Capability-Based e della Knowledge-based View of the firm. Nell’ambito dei delineati paradigmi teorici, sono stati esaminati i principali ostacoli connessi ai processi di gestione del know how, ap-profondendo, in particolare, i fattori in grado di ostacolare, o alterna-tivamente, facilitare il processo di trasferimento del sapere. Tra que-sti è stato evidenziato il ruolo preminente che le strutture reticolari hanno nel sostenere e supportare le singole imprese ad acquisire nuove conoscenze e ad innescare efficaci processi di apprendimento e trasferimento di knowledge tra i partner. I rapporti di cooperazione si affermano, in altri termini, come strumento indispensabile per il superamento dei gap di risorse incontrati dalle organizzazioni eco-nomiche nell’implementazione delle proprie strategie: da essi posso-no discendere rilevanti opportunità di apprendimento per i partner coinvolti, i quali, internalizzando l'uno le skill dell'altro, possono mi-gliorare la propria conseguire migliori posizionamenti competitivi. Un significativo numero di esponenti della letteratura economico aziendale, nazionale ed internazionale, riconosce, dunque, la relazio-ne esistente tra network e knowledge: l’autonomia caratterizzante le ar-chitetture reticolari consente lo sviluppo di una pluralità di nuove a-ree generatrici di imprenditorialità e di know-how ; la presenza di que-ste forme organizzative flessibili influenza l’impresa e rende possibile la creazione di una rete di interrelazioni all’interno della quale ogni nodo si configura come un detentore di nuove conoscenze e compe-tenze. Il rilievo che le architetture reticolari assumono in qualità di “facilita-tori” dei meccanismi di trasferimento cognitivo, ha indotto ad un’attenta analisi delle problematiche connesse ai processi di appren-dimento inter-organizzativo, in relazione alle peculiarità morfologi-che che possono denotare una definita rete di imprese. In coerenza con l’ impostazione delineata, la seconda parte del lavoro è stata in-centrata sull’analisi dei processi di apprendimento e delle dinamiche evolutive tipici delle reti di piccole imprese. Le concettualizzazioni teoriche proposte sono state, pertanto, de-clinate in relazione alle specificità dei network oggetto di indagine e ciò al fine di pervenire ad un’interpretazione cognitiva di una parti-colare tipologia di rete, quella distrettuale, per sua natura “localizza-ta” e profondamente radicata nel contesto territoriale di appartenen-za, e dei cambiamenti in atto. L’affermarsi di nuove regole della competizione internazionale, in-fatti, ha progressivamente contribuito ad indirizzare le imprese di-strettuali verso la ricerca di nuovi mercati in cui operare sottoline-ando i potenziali rischi di una dissoluzione cognitiva dei distretti in-dustriali tradizionalmente intesi. Nei casi di internazionalizzazione produttiva, in particolare, si ve-rifica una transizione di fasi precedentemente realizzate all’interno del sistema locale verso sistemi collocati all’esterno. In quest’ottica, il decentramento di fasi di lavorazione a livello in-ternazionale può essere considerato una delle cause del progressivo deterioramento delle relazioni di interdipendenza cui si assiste a livel-lo locale e uno degli stimoli alla replicazione degli assetti relazionali esistenti in nuovi ambiti territoriali. Il fenomeno sarebbe, pertanto, in grado di condurre ad una pro-gressiva disintegrazione del distretto industriale canonico, almeno nella sua configurazione tradizionale di sistema autosufficiente ed au-tocontenuto, e ad una replicazione di modelli cooperativi in contesti internazionali a forte attrattività. Coerentemente con le osservazioni proposte, e' stata, infine, posta attenzione alle opportunità offerte dai mercati latino-americani, con particolare riferimento all’area brasiliana, all’internazionalizzazione delle imprese distrettuali italiane, individuando nell’esistenza di cluster di imprese locali e nelle omogeneità culturali, alcune delle determi-nanti in grado di guidare le scelte di localizzazione nell’area. Accanto a motivazioni di tipo labour seeking o cost seeking, le impre-se italiane si avvantaggiano e in una prospettiva resource-based, della possibilità di inserirsi in circuiti relazionali già esistenti sfruttando, in un’ottica di apprendimento inter-organizzativo, le potenzialità insite nella costituzione di knowledge system locali. A sostegno dell’esistenza, in America Latina, di condizioni favore-voli all’internazionalizzazione delle imprese italiane, sono stati, per-tanto, analizzati sia gli assetti degli principali cluster di imprese pre-senti nel territorio, sia l’impatto che le omogeneità culturali possono avere sui processi di integrazione in loco. Le tematiche oggetto di indagine sono state approfondite attraver-so lo studio della letteratura economico-aziendale esistente sui diver-si temi trattati e supportate dall’utilizzo di una multiple case studies anal-ysis con l’obiettivo di confutare, alternativamente, supportare le ar-gomentazioni teoriche proposte. A tal proposito si sottolinea come le evidenze empiriche abbiano, nella maggioranza dei casi, confermato le ipotesi teoriche di parten-za, pur evidenziando la necessità di ulteriori approfondimenti. L’Analisi dei diversi cluster di imprese presenti in Brasile e dei dif-ferenti casi di internazionalizzazione di imprese distrettuali in Ameri-ca Latina ha permesso, in sintonia con il pensiero di Yin (1998), di affrontare la complessità del tema trattato, consentendo, attraverso il ricorso contemporaneo a più fonti (documenti, interviste, osserva-zioni) una contestualizzazione dei fenomeni osservati.

Il Trasferimento della Conoscenza nelle reti di Imprese

CANESTRINO, ROSSELLA
2009-01-01

Abstract

La complessa articolazione dello scenario competitivo in cui le im-prese operano, profondamente modificato dal consolidamento del pro-cesso di globalizzazione e dalla pervasività delle nuove tecnologie, ha indotto una rivisitazione critica delle tradizionali fonti del vantaggio competitivo, enfatizzando il ruolo che le risorse immateriali assumono per il successo delle iniziative. La capacità delle imprese di rispondere alla crescente varietà e va-riabilità ambientale appare influenzata, in misura sempre maggiore, dalla disponibilità di capitale umano e di risorse intangibili, piuttosto che dalla accessibilità a risorse fisiche e materiali: in questa prospetti-va si attribuisce un ruolo strategico ai processi di apprendimento come meccanismo attraverso il quale accrescere il patrimonio cogni-tivo delle imprese e concretizzare vantaggi competitivi duraturi e di-fendibili, sia a livello nazionale, sia a livello internazionale. E’ cresciuta, nell’ottica delineata, l’attenzione degli studiosi nei con-fronti della conoscenza quale fonte di differenziazione e di competitivi-tà delle organizzazioni economiche: la creazione e la successiva mobiliz-zazione di risorse cognitive, sempre più disperse a causa dell’estensione dell’arena competitiva su scala mondiale, assumono, pertanto, un ruolo centrale nelle attività di impresa. Alla luce delle considerazioni riportate, la prima parte del lavoro è stata orientata alla sistematizzazione dei diversi approcci teorici rela-tivi ai processi di creazione e diffusione della conoscenza, eviden-ziando limiti, differenze e sovrapposizioni rinvenibili tra i principali contributi esaminati. La conoscenza, quale oggetto di studio delle discipline economico-aziendali, ha assunto rilievo a partire dagli inizi degli anni ’90, in con-comitanza al consolidamento delle concettualizzazioni relative alle no-zioni di “dynamic capabilities”, “organizational capabilities/learning” e di “intel-lectual capital” . Da semplice strumento funzionale, finalizzata alla realizzazione di al-tri processi organizzativi, la conoscenza è divenuta una risorsa da gestire in sé, capace di produrre valore per il solo fatto di essere capitalizzata. La delineata enfasi sul concetto di conoscenza e sul rilievo assunto dalla stessa nell’ambito dei processi di creazione del valore è stata, nello specifico, interpretata come la naturale evoluzione della visione di im-presa come insieme eterogeneo di risorse, che dai contributi pionieristici elaborati in seno alla Resource Based View of the firm, ha trovato la sua massima espressione nelle concettualizzazioni proposte dagli esponenti della Capability-Based e della Knowledge-based View of the firm. Nell’ambito dei delineati paradigmi teorici, sono stati esaminati i principali ostacoli connessi ai processi di gestione del know how, ap-profondendo, in particolare, i fattori in grado di ostacolare, o alterna-tivamente, facilitare il processo di trasferimento del sapere. Tra que-sti è stato evidenziato il ruolo preminente che le strutture reticolari hanno nel sostenere e supportare le singole imprese ad acquisire nuove conoscenze e ad innescare efficaci processi di apprendimento e trasferimento di knowledge tra i partner. I rapporti di cooperazione si affermano, in altri termini, come strumento indispensabile per il superamento dei gap di risorse incontrati dalle organizzazioni eco-nomiche nell’implementazione delle proprie strategie: da essi posso-no discendere rilevanti opportunità di apprendimento per i partner coinvolti, i quali, internalizzando l'uno le skill dell'altro, possono mi-gliorare la propria conseguire migliori posizionamenti competitivi. Un significativo numero di esponenti della letteratura economico aziendale, nazionale ed internazionale, riconosce, dunque, la relazio-ne esistente tra network e knowledge: l’autonomia caratterizzante le ar-chitetture reticolari consente lo sviluppo di una pluralità di nuove a-ree generatrici di imprenditorialità e di know-how ; la presenza di que-ste forme organizzative flessibili influenza l’impresa e rende possibile la creazione di una rete di interrelazioni all’interno della quale ogni nodo si configura come un detentore di nuove conoscenze e compe-tenze. Il rilievo che le architetture reticolari assumono in qualità di “facilita-tori” dei meccanismi di trasferimento cognitivo, ha indotto ad un’attenta analisi delle problematiche connesse ai processi di appren-dimento inter-organizzativo, in relazione alle peculiarità morfologi-che che possono denotare una definita rete di imprese. In coerenza con l’ impostazione delineata, la seconda parte del lavoro è stata in-centrata sull’analisi dei processi di apprendimento e delle dinamiche evolutive tipici delle reti di piccole imprese. Le concettualizzazioni teoriche proposte sono state, pertanto, de-clinate in relazione alle specificità dei network oggetto di indagine e ciò al fine di pervenire ad un’interpretazione cognitiva di una parti-colare tipologia di rete, quella distrettuale, per sua natura “localizza-ta” e profondamente radicata nel contesto territoriale di appartenen-za, e dei cambiamenti in atto. L’affermarsi di nuove regole della competizione internazionale, in-fatti, ha progressivamente contribuito ad indirizzare le imprese di-strettuali verso la ricerca di nuovi mercati in cui operare sottoline-ando i potenziali rischi di una dissoluzione cognitiva dei distretti in-dustriali tradizionalmente intesi. Nei casi di internazionalizzazione produttiva, in particolare, si ve-rifica una transizione di fasi precedentemente realizzate all’interno del sistema locale verso sistemi collocati all’esterno. In quest’ottica, il decentramento di fasi di lavorazione a livello in-ternazionale può essere considerato una delle cause del progressivo deterioramento delle relazioni di interdipendenza cui si assiste a livel-lo locale e uno degli stimoli alla replicazione degli assetti relazionali esistenti in nuovi ambiti territoriali. Il fenomeno sarebbe, pertanto, in grado di condurre ad una pro-gressiva disintegrazione del distretto industriale canonico, almeno nella sua configurazione tradizionale di sistema autosufficiente ed au-tocontenuto, e ad una replicazione di modelli cooperativi in contesti internazionali a forte attrattività. Coerentemente con le osservazioni proposte, e' stata, infine, posta attenzione alle opportunità offerte dai mercati latino-americani, con particolare riferimento all’area brasiliana, all’internazionalizzazione delle imprese distrettuali italiane, individuando nell’esistenza di cluster di imprese locali e nelle omogeneità culturali, alcune delle determi-nanti in grado di guidare le scelte di localizzazione nell’area. Accanto a motivazioni di tipo labour seeking o cost seeking, le impre-se italiane si avvantaggiano e in una prospettiva resource-based, della possibilità di inserirsi in circuiti relazionali già esistenti sfruttando, in un’ottica di apprendimento inter-organizzativo, le potenzialità insite nella costituzione di knowledge system locali. A sostegno dell’esistenza, in America Latina, di condizioni favore-voli all’internazionalizzazione delle imprese italiane, sono stati, per-tanto, analizzati sia gli assetti degli principali cluster di imprese pre-senti nel territorio, sia l’impatto che le omogeneità culturali possono avere sui processi di integrazione in loco. Le tematiche oggetto di indagine sono state approfondite attraver-so lo studio della letteratura economico-aziendale esistente sui diver-si temi trattati e supportate dall’utilizzo di una multiple case studies anal-ysis con l’obiettivo di confutare, alternativamente, supportare le ar-gomentazioni teoriche proposte. A tal proposito si sottolinea come le evidenze empiriche abbiano, nella maggioranza dei casi, confermato le ipotesi teoriche di parten-za, pur evidenziando la necessità di ulteriori approfondimenti. L’Analisi dei diversi cluster di imprese presenti in Brasile e dei dif-ferenti casi di internazionalizzazione di imprese distrettuali in Ameri-ca Latina ha permesso, in sintonia con il pensiero di Yin (1998), di affrontare la complessità del tema trattato, consentendo, attraverso il ricorso contemporaneo a più fonti (documenti, interviste, osserva-zioni) una contestualizzazione dei fenomeni osservati.
2009
978-88-348-8623-6
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